#Climatestrike, bullizzano Greta Thunberg e i ragazzi in piazza ma i politicamente corretti sono loro
Sciopero: il giorno della piazza
Non era la piazza dei soliti che marinano la scuola: quelli che “ogni sciopero è buono per saltare”. E non era manco la piazza delle solite facce ambientaliste (né green block né fricchettoni, per dirne due).
Per quello che ho visto io, nella piazza principale della mia città – piazza De Ferrari di Genova – c’era di tutto. Le strade sono state travolte da oltre 5mila partecipanti: famiglie, gruppi di amici e tantissimi studenti. C’erano i ragazzi delle superiori, c’erano quelli delle medie e, in testa al corteo, c’erano pure i bambini delle elementari. E i più piccoli erano vestiti da coccinelle, a ricordarci che le coccinelle – pure loro – sono vittime dei cambiamenti climatici.
“Non c’è un pianeta B”, “Grati a Greta”, “Ci siamo rotti i polmoni”: questi gli striscioni che animavano il corteo. Il quotidiano più importante della città ha commentato così la sfilata: “Non ricordo ci siano mai stati così tanti studenti per una manifestazione scolastica, almeno negli ultimi vent’anni!”
Gli striscioni, i cartelli, i cori hanno avvolto festosi la piazza, una piazza carica di speranza. Come quella della tredicenne che ha convinto sua mamma a farle fare sciopero dicendo (e ripete con sicurezza, molte frasi dei discorsi di Greta): “Tra 40 anni certi adulti che decidono ora per il nostro futuro non ci saranno, ma io sì, e non posso restare a guardare”.
La piazza nei tempi pre-Greta, negli anni passati, nelle tante altre “marce per il clima” era occupata solo un quarto. Occupata solo dagli addetti ai lavori. Le sigle ambientaliste questa volta si sono lasciate gongolare dalla marea di popolo e con gioia passano loro il testimone. Qualcosa si è mosso. Greta – una ragazzina – ha mosso, creando quell’empatia negli adulti e soprattutto nei suoi coetanei. La nascita del movimento Friday for future ha segnato inequivocabilmente una pagina di storia.
Sciopero: il giorno dopo la piazza
Piovono critiche. Tante, troppe di cattivo gusto. “Greta ha le treccine da film horror” secondo Rita Pavone. “Se non avesse la sindrome di Asperger la metterei sotto con la macchina”, dichiara Maria Giovanna Maglie. É una gara agli insulti. Ancora non mi è chiaro perché Greta sia così bullizzata. La ritenete strumentalizzata da poteri forti? Ok. Ha dietro mamma, zia e case editoriali? Ok. Vi sembra esagerato candidarla per un Nobel? Ok. Ma fermatevi lì. Stop cinismo sulla sua sindrome. Battute sulle sue espressioni del volto, sorrisini sulla sua bellezza o meno.
Insopportabili, poi, sono quelle interviste fatte dai “giornaloni” mainstream e dai giornalisti deontologicamente scorretti che vogliono far emergere l’ignoranza degli studenti in piazza. “Non sanno manco perché sono lì e non conoscono né i cambiamenti climatici né il buco dell’ozono”, scrivono sulle loro testate.
Insopportabili perché su 182 piazze di tutta Italia – con decine di migliaia di persone – non è poi così difficile pescare col lanternino i volti più dispersi nel vuoto. Ma quello che davvero emerge è che la stampa tradizionale proprio con questi servizi “tranello” mostra che nel tranello ci è finita lei, che non ha capito il significato della piazza.
Lo sciopero sull’ambiente diventa di massa
Ad ogni modo la stampa non ha capito che per la prima volta l’evento era nazionalpopolare, non circuito di addetti ai lavori. Questa la novità. La no-vi-tà è l’evento di massa. Un po’ come per lo sciopero sulla scuola o sui salari. Così l’ambiente, per uno spiraglio forse, ma diventa di massa. E quindi in piazza ci sta tutto. Come quando trovi chi manco conosce il nome del decreto scuola / lavoro contro cui manifesta.
La stampa ha dimostrato che non è granché aggiornata (si sapeva). È rimasta agli anni ’90 e chiede del buco dell’ozono. Insomma, ai ragazzi del 2000 cresciuti col bando ai CFC (Clorofluorocarburi) si chiede il problema anni ’80- ’90, mezzo risolto. L’emergenza ambientale, oggi, non è il buco dell’ozono semmai il cambiamento climatico. Già che c’erano i giornalisti potevano chiedere ai ragazzi cosa ne pensassero delle piogge acide, dei solfuri e della benzina con piombo!
Forse la stampa dovrebbe piuttosto riflettere sul fatto che se i ragazzi non sono così informati sul clima, la colpa non è solo loro. La colpa è anche di giornali, scuole, agende di governo che di ambiente non parlano mai o quasi mai. Di sicuro non è sulle pagine delle testate che li intervistavano che avrebbero trovato le risposte alle domande sul buco dell’ozono.
Intanto Il Messaggero (tiriamo fuori i nomi) con il video sui ragazzi che non sanno cos’è il buco dell’ozono ci ha confermato che la sua gaffe di qualche Prima pagina fa fosse proprio vera, intenzionale! Sto parlando di quella Prima pagina dove si diceva la fesseria che la forte nevicata abbattuta in Italia lo scorso inverno stava attenuando il Global warming.

Due giorni dopo la piazza
Greta mangia un tramezzino confezionato nella plastica. Si scatenano ancora le critiche. Quanto moralismo. Questo fare le pulci guardando i vestiti, cellulari, automobili di chi ha partecipato alla manifestazione del 15 marzo. Chi è senza smartphone scagli la prima pietra. Chi non usa l’aereo, non mangia la carne, pure. Che senso ha questa caccia al determinare quanto “io sono più green di te e posso parlare, tu devi stare muto”. Qui la posta in gioco non è il rubinetto chiuso per lavarsi i denti. Qui stiamo parlando di tonnellate e tonnellate di CO₂, di piani energetici mondiali. Il popolo del #climastrike sarà più o meno green, più o meno ipocrita ma quello che chiede è che i governi siano green e aiutino così i cittadini a esserlo, aiutandoci tutti insieme a essere meno insostenibili. Rinnovabili, economia circolare, non sprecare cibo sono la risposta al nostro stile di vita: non è solo una gara a chi fa più rinunce.
Concludo solo con una delle cose più insopportabili sentite in questi giorni: Greta è la paladina del politicamente corretto. Adesso, si può essere pro o contro Greta ma almeno si dovrebbe rimanere onesti intellettualmente. La sostenibilità non è mainstream, non è trend in nulla, non è agenda politica, non è decisiva in nessuna scelta di governo. Non conta granché il ministero dell’ambiente, non è audience, non è mercato, non è voti.
Non confondetela con una riduzione a “gatti, cani, vegan, soia”. Guardatevi intorno, guardate ai tanti problemi ambientali, ai 2/3 di barriere coralline sbiancate l’anno scorso, alle specie estinte a ritmi pazzeschi, alla desertificazione che avanza, all’innalzamento del mare, all’acidificazione degli oceani, agli eventi climatici estremi. Non mi pare che tutto vada bene, quindi come si fa a dire che sia politicamente corretto essere green? Non è il pensiero della maggiore, quindi, odiate pure Greta ma fatelo non come alternativi ma come conformisti, carbonfossili-conformisti.
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Sciopero: il giorno della piazza
Non era la piazza dei soliti che marinano la scuola: quelli che “ogni sciopero è buono per saltare”. E non era manco la piazza delle solite facce ambientaliste (né green block né fricchettoni, per dirne due).
Per quello che ho visto io, nella piazza principale della mia città – piazza De Ferrari di Genova – c’era di tutto. Le strade sono state travolte da oltre 5mila partecipanti: famiglie, gruppi di amici e tantissimi studenti. C’erano i ragazzi delle superiori, c’erano quelli delle medie e, in testa al corteo, c’erano pure i bambini delle elementari. E i più piccoli erano vestiti da coccinelle, a ricordarci che le coccinelle – pure loro – sono vittime dei cambiamenti climatici.
“Non c’è un pianeta B”, “Grati a Greta”, “Ci siamo rotti i polmoni”: questi gli striscioni che animavano il corteo. Il quotidiano più importante della città ha commentato così la sfilata: “Non ricordo ci siano mai stati così tanti studenti per una manifestazione scolastica, almeno negli ultimi vent’anni!”
Gli striscioni, i cartelli, i cori hanno avvolto festosi la piazza, una piazza carica di speranza. Come quella della tredicenne che ha convinto sua mamma a farle fare sciopero dicendo (e ripete con sicurezza, molte frasi dei discorsi di Greta): “Tra 40 anni certi adulti che decidono ora per il nostro futuro non ci saranno, ma io sì, e non posso restare a guardare”.
La piazza nei tempi pre-Greta, negli anni passati, nelle tante altre “marce per il clima” era occupata solo un quarto. Occupata solo dagli addetti ai lavori. Le sigle ambientaliste questa volta si sono lasciate gongolare dalla marea di popolo e con gioia passano loro il testimone. Qualcosa si è mosso. Greta – una ragazzina – ha mosso, creando quell’empatia negli adulti e soprattutto nei suoi coetanei. La nascita del movimento Friday for future ha segnato inequivocabilmente una pagina di storia.
Sciopero: il giorno dopo la piazza
Piovono critiche. Tante, troppe di cattivo gusto. “Greta ha le treccine da film horror” secondo Rita Pavone. “Se non avesse la sindrome di Asperger la metterei sotto con la macchina”, dichiara Maria Giovanna Maglie. É una gara agli insulti. Ancora non mi è chiaro perché Greta sia così bullizzata. La ritenete strumentalizzata da poteri forti? Ok. Ha dietro mamma, zia e case editoriali? Ok. Vi sembra esagerato candidarla per un Nobel? Ok. Ma fermatevi lì. Stop cinismo sulla sua sindrome. Battute sulle sue espressioni del volto, sorrisini sulla sua bellezza o meno.
Insopportabili, poi, sono quelle interviste fatte dai “giornaloni” mainstream e dai giornalisti deontologicamente scorretti che vogliono far emergere l’ignoranza degli studenti in piazza. “Non sanno manco perché sono lì e non conoscono né i cambiamenti climatici né il buco dell’ozono”, scrivono sulle loro testate.
Insopportabili perché su 182 piazze di tutta Italia – con decine di migliaia di persone – non è poi così difficile pescare col lanternino i volti più dispersi nel vuoto. Ma quello che davvero emerge è che la stampa tradizionale proprio con questi servizi “tranello” mostra che nel tranello ci è finita lei, che non ha capito il significato della piazza.
Lo sciopero sull’ambiente diventa di massa
Ad ogni modo la stampa non ha capito che per la prima volta l’evento era nazionalpopolare, non circuito di addetti ai lavori. Questa la novità. La no-vi-tà è l’evento di massa. Un po’ come per lo sciopero sulla scuola o sui salari. Così l’ambiente, per uno spiraglio forse, ma diventa di massa. E quindi in piazza ci sta tutto. Come quando trovi chi manco conosce il nome del decreto scuola / lavoro contro cui manifesta.
La stampa ha dimostrato che non è granché aggiornata (si sapeva). È rimasta agli anni ’90 e chiede del buco dell’ozono. Insomma, ai ragazzi del 2000 cresciuti col bando ai CFC (Clorofluorocarburi) si chiede il problema anni ’80- ’90, mezzo risolto. L’emergenza ambientale, oggi, non è il buco dell’ozono semmai il cambiamento climatico. Già che c’erano i giornalisti potevano chiedere ai ragazzi cosa ne pensassero delle piogge acide, dei solfuri e della benzina con piombo!
Forse la stampa dovrebbe piuttosto riflettere sul fatto che se i ragazzi non sono così informati sul clima, la colpa non è solo loro. La colpa è anche di giornali, scuole, agende di governo che di ambiente non parlano mai o quasi mai. Di sicuro non è sulle pagine delle testate che li intervistavano che avrebbero trovato le risposte alle domande sul buco dell’ozono.
Intanto Il Messaggero (tiriamo fuori i nomi) con il video sui ragazzi che non sanno cos’è il buco dell’ozono ci ha confermato che la sua gaffe di qualche Prima pagina fa fosse proprio vera, intenzionale! Sto parlando di quella Prima pagina dove si diceva la fesseria che la forte nevicata abbattuta in Italia lo scorso inverno stava attenuando il Global warming.

Due giorni dopo la piazza
Greta mangia un tramezzino confezionato nella plastica. Si scatenano ancora le critiche. Quanto moralismo. Questo fare le pulci guardando i vestiti, cellulari, automobili di chi ha partecipato alla manifestazione del 15 marzo. Chi è senza smartphone scagli la prima pietra. Chi non usa l’aereo, non mangia la carne, pure. Che senso ha questa caccia al determinare quanto “io sono più green di te e posso parlare, tu devi stare muto”. Qui la posta in gioco non è il rubinetto chiuso per lavarsi i denti. Qui stiamo parlando di tonnellate e tonnellate di CO₂, di piani energetici mondiali. Il popolo del #climastrike sarà più o meno green, più o meno ipocrita ma quello che chiede è che i governi siano green e aiutino così i cittadini a esserlo, aiutandoci tutti insieme a essere meno insostenibili. Rinnovabili, economia circolare, non sprecare cibo sono la risposta al nostro stile di vita: non è solo una gara a chi fa più rinunce.
Concludo solo con una delle cose più insopportabili sentite in questi giorni: Greta è la paladina del politicamente corretto. Adesso, si può essere pro o contro Greta ma almeno si dovrebbe rimanere onesti intellettualmente. La sostenibilità non è mainstream, non è trend in nulla, non è agenda politica, non è decisiva in nessuna scelta di governo. Non conta granché il ministero dell’ambiente, non è audience, non è mercato, non è voti.
Non confondetela con una riduzione a “gatti, cani, vegan, soia”. Guardatevi intorno, guardate ai tanti problemi ambientali, ai 2/3 di barriere coralline sbiancate l’anno scorso, alle specie estinte a ritmi pazzeschi, alla desertificazione che avanza, all’innalzamento del mare, all’acidificazione degli oceani, agli eventi climatici estremi. Non mi pare che tutto vada bene, quindi come si fa a dire che sia politicamente corretto essere green? Non è il pensiero della maggiore, quindi, odiate pure Greta ma fatelo non come alternativi ma come conformisti, carbonfossili-conformisti.
