Genova, “Eredi dei Macchiaoli” a Palazzo della Meridiana

Nostalgie dei maestri e piroette verso il futuro: gli eredi dei Macchiaoli

Una mostra narrativa per entrare in un mondo poco conosciuto: quello del “Dopo Macchiaioli”. In pochi  – anche tra gli amanti dell’arte – avranno in mente di chi potremmo parlare.

Palazzo della Meridiana fa fare ai visitatori un passo in avanti: dopo aver realizzato nel 2018 la mostra sui Macchiaioli, con la stessa “capitana”, la curatrice Simone Bartolena, ci fa prendere il largo con l’esposizione “Gli Eredi dei Macchiaioli. Da Silvestro Lega a Plinio Nomellini”, visitabile fino al 13 luglio 2025. La mostra vede anche la collaborazione di Armando Fettolini.

Bartolena è una garanzia. Raffinata e precisa nel produrre percorsi espositivi, le sue mostre non sono mai banali. Genova l’ha imparata ad amare anche a Palazzo Ducale con la mostra “Da Monet a Bacon”. Non c’è – volutamente – nulla di Blockbuster e quello che potrà sembrare specialistico in realtà è declinato in una chiave per arrivare a tutti.

I tre maestri

Si salpa con “I maestri”.  La Macchia porta in Italia la pittura en plein air, infiaschiandosene dei canoni accademici, della ricerca della perfezione. Ciò che conta agli esponenti del movimento non sono i dettagli ma le “impressioni dal vero” che la luce mostra negli occhi dei pittori e che loro coi pennelli restituiscono in macchie. Tre sono i pittori che verranno identificati dalle nuove generazioni come i maestri del movimento: Telemaco Signorini, Giovanni Fattori e Silvestro Lega.

Telemaco Signorini, “Riomaggiore” (olio su tela cm. 24,1 x 35,7)
Giovanni Fattori, “Aspettando” (olio su tavola, cm 26,4 x 36,5)

Tempo di passare il testimone

La mostra prosegue mettendoci di fronte a quelle che in Europa sono le nuove sirene dell’arte e come i tre maestri macchiaioli reagiscono. In Europa le novità sono gli impressionisti francesi e gli artisti che idealizzano la realtà come Jules Breton e Jules Bastien-Lepage “esponenti del Naturalismo europeo”. “I tre maestri hanno reazioni diverse. Telemaco Signorini segue le nuove tendenze del Naturalismo internazionale; Giovanni Fattori le rifiuta e chiede ai propri allievi di non lasciarsi sedurre dagli esempi provenienti da Oltralpe; Silvestro Lega, invece, più curioso e aperto, si circonda di una schiera di giovani pittori che lo seguono e lo ascoltano, ragionando con loro di queste novità”, spiega Simona Bartolena.

Macchiaioli
Angiolo Tommasi “Le mogli dei pescatori” (olio su tela, cm 109×66)

Cinque Terre e altri scorci liguri

La mostra ci fa vedere le novità degli eredi, quindi le sperimentazioni “naturaliste”, proponendoci una serie di marine. Ed è la Liguria ad essere al centro. Si potrebbe dire che ad aver “scoperto” le Cinque Terre non siano stati gli americani con le crociere, ma i Macchiaoli a partire da Telemaco Signorini. Innamorato di Riomaggiore, l’artista diventa, infatti, un vero habitué del luogo, tanto da essere pienamente inserito nel tessuto del borgo di pescatori. Raccontano Riomaggiore e anche altri scorci liguri, le pennellate di Adolfo Tommasi, Alfonso Hollaender, Giorgio Kienerk, Plinio Nomellini.

Macchiaioli
Alfonso Holleander “Barca a Sestri Levante” (cm 42 x 57)

Anche in campagna, superare la macchia

“Superare la macchia senza tradire i maestri”. È una frase che dice tutto. Appartiene a Llewelyn Lloyd e recita: “È per me uno sbaglio il fare il quadro tutto sul vero”.  Alle orecchie dei Macchiaioli questa potrebbe suonare come una bestemmia, infatti, essi hanno rinunciato a tutto: alle comodità del dipingere in atelier hanno preferito dipingere sotto la pioggia o sotto il sole cocente pur di non tradire il vero. Gli eredi dei Macchiaioli vogliono rispettare la macchia ma vogliono anche cercare “la vera emozione sentita” e per farlo il “plein air” a loro non basta.

In questa sala si abbandonano le marine per vedere le sperimentazioni naturaliste questa volta calate nel mondo rurale. Sono i fratelli Gioli, in particolare Francesco, a raccontare la vicinanza al filone rurale di Jules Breton. Tuttavia l’influenza francese sarà sempre mediata col rigore compositivo appreso dalla lezione macchiaiola che non tradiranno mai.

Macchiaioli
Luigi Gioli “Sosta di artigliera” (olio su tavola, cm 19 x 33)

Livorno, capitale post macchiaiola

L’asse si sposta da Firenze al Livorno. Livorno, porto franco d’Europa, città aperta e cosmopolita sembra raccogliere bene la sfida dei “dopo Macchiaoli”. Gli scenari a fare da ispirazione non mancano: ci sono gli stabilimenti balneari, le rotonde sul mare, le banchine. E c’è il Caffè Bardi a fare le veci di un piccolo Caffè Michelangelo. Sono tanti gli artisti che si radunano ai suoi tavoli sotto l’ala dei mecenati: Ugo Bardi e suo figlio Bardo.

La livornese scuola di Micheli

Livorno riunisce artisti e idee in diversi centri vitali. Una di queste fucine è proprio  la “Scuola di Micheli”.  Micheli è l’allievo prediletto di Fattori, ma nel suo atelier i giovani pittori possono sia imparare la lezione Fattoriana sia confrontarsi con le nuove tendenze pittoriche europee. Nel suo studio troviamo Llewelyn Lloyd, Gino Romiti, Renato Natali e anche il grande Amedeo Modigliani.

“I formati in mostra si fanno più grandi, le scene vogliono focalizzarsi sul valore delle persone che le abitano, i colori sono accesi a trasmettere emozioni e sentimenti”, ci racconta Gloria Sanna, storica dell’arte ed educatrice museale alla Meridiana. Sembrano quasi un preludio di fauvismo i colori che usa Ulvi Liegi in “Monachine a Castiglioncello”. Ed è interessante notare il confronto tra i pini marittimi dipinti da Fattori e quelli dipinti in chiave novecentesca da Giovanni Bartolena.

Macchiaioli
Ulvi Liegi “Monachine a Castiglioncello” (olio su cartoncino pressato, collezione privata)

Spiragli di modernità

Nella sala successiva grandi spiragli di modernità. Un interprete indiscusso di questo rinnovamento lo porta Oscar Ghiglia. A dirlo è lo stesso Amedeo Modigliani che in una conversazione con Anselmo Bucci dice: “In Italia non c’è nulla, sono stato dappertutto. Non c’è pittore che valga. Sono
stato a Venezia, negli studi. In Italia c’è Ghiglia. C’è Oscar Ghiglia e basta”. Ghiglia nonostante portò la bara del suo maestro Fattori non si considerò mai un erede della macchia. Altri stimoli di novità si trovano in mostra con una natura morta di Giovanni Bartolena che ci proietta in Cezanne.

“Ghiglia cerca il perfetto equilibrio tra il vero oggettivo della Macchia e la rappresentazione dell’oggetto nella sua evidenza assoluta, totalmente estranea anche agli aspetti ottico-retinici dell’Impressionismo, alle atmosfere simboliste e divisioniste e lontano dal futurismo“, commenta la curatrice.

Macchiaioli
Oscar Ghiglia “Natura morta con conchiglia” (olio su tela_cm 42 x 37)

Intreccio musica e pittura: il circolo Torre del Lago

Torre del Lago (frazione di Viareggio) è un’altra località in cui raccogliere i frutti della Macchia. Lì nasce un circolo culturale molto vivace, grazie alla presenza del compositore Giacomo Puccini, che riunisce intorno a sé un nutrito gruppo di artisti, detto in seguito “Club la Bohème”. I pittori si aprono al Divisionismo, al Simbolismo e al gusto dell’Art Nouveau.  In mostra si può osservare colui che è considerato il “Van Gogh italiano”: Mario Puccini, con la sua opera “Il fienaiolo”.

Mario Puccini “Il fienaiolo” (olio su tela, cm 45 x 61)

Dai macchiaioli al divisionismo con Plinio Lomellini

Salpati con i maestri macchiaioli e i tanti arcipelaghi attorno alla Macchia, il viaggio della mostra ci porta in nuove acque: dalla pittura al vero si naviga nel divisionismo. Ed è Plinio Nomellini, uno dei massimi protagonisti dell’arte italiana tra Otto e Novecento, a raccontarci di questa tecnica. Non poteva che essere lui, visto che le sue vicende personali lo porteranno proprio a Genova. Il suo essere anarchico di pensiero trova un riflesso anche in pittura. In mostra con “Il cantiere”, si vede un tema a lui caro, quello dei problemi sociali dei lavoratori. Aspetto che subito ci fa pensare ad un altro grande divisionista come Pelizza da Volpedo.

Plinio Nomellini “Il Cantiere” (olio su tela, cm 93 x 120)

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Nostalgie dei maestri e piroette verso il futuro: gli eredi dei Macchiaoli

Una mostra narrativa per entrare in un mondo poco conosciuto: quello del “Dopo Macchiaioli”. In pochi  – anche tra gli amanti dell’arte – avranno in mente di chi potremmo parlare.

Palazzo della Meridiana fa fare ai visitatori un passo in avanti: dopo aver realizzato nel 2018 la mostra sui Macchiaioli, con la stessa “capitana”, la curatrice Simone Bartolena, ci fa prendere il largo con l’esposizione “Gli Eredi dei Macchiaioli. Da Silvestro Lega a Plinio Nomellini”, visitabile fino al 13 luglio 2025. La mostra vede anche la collaborazione di Armando Fettolini.

Bartolena è una garanzia. Raffinata e precisa nel produrre percorsi espositivi, le sue mostre non sono mai banali. Genova l’ha imparata ad amare anche a Palazzo Ducale con la mostra “Da Monet a Bacon”. Non c’è – volutamente – nulla di Blockbuster e quello che potrà sembrare specialistico in realtà è declinato in una chiave per arrivare a tutti.

I tre maestri

Si salpa con “I maestri”.  La Macchia porta in Italia la pittura en plein air, infiaschiandosene dei canoni accademici, della ricerca della perfezione. Ciò che conta agli esponenti del movimento non sono i dettagli ma le “impressioni dal vero” che la luce mostra negli occhi dei pittori e che loro coi pennelli restituiscono in macchie. Tre sono i pittori che verranno identificati dalle nuove generazioni come i maestri del movimento: Telemaco Signorini, Giovanni Fattori e Silvestro Lega.

Telemaco Signorini, “Riomaggiore” (olio su tela cm. 24,1 x 35,7)
Giovanni Fattori, “Aspettando” (olio su tavola, cm 26,4 x 36,5)

Tempo di passare il testimone

La mostra prosegue mettendoci di fronte a quelle che in Europa sono le nuove sirene dell’arte e come i tre maestri macchiaioli reagiscono. In Europa le novità sono gli impressionisti francesi e gli artisti che idealizzano la realtà come Jules Breton e Jules Bastien-Lepage “esponenti del Naturalismo europeo”. “I tre maestri hanno reazioni diverse. Telemaco Signorini segue le nuove tendenze del Naturalismo internazionale; Giovanni Fattori le rifiuta e chiede ai propri allievi di non lasciarsi sedurre dagli esempi provenienti da Oltralpe; Silvestro Lega, invece, più curioso e aperto, si circonda di una schiera di giovani pittori che lo seguono e lo ascoltano, ragionando con loro di queste novità”, spiega Simona Bartolena.

Macchiaioli
Angiolo Tommasi “Le mogli dei pescatori” (olio su tela, cm 109×66)

Cinque Terre e altri scorci liguri

La mostra ci fa vedere le novità degli eredi, quindi le sperimentazioni “naturaliste”, proponendoci una serie di marine. Ed è la Liguria ad essere al centro. Si potrebbe dire che ad aver “scoperto” le Cinque Terre non siano stati gli americani con le crociere, ma i Macchiaoli a partire da Telemaco Signorini. Innamorato di Riomaggiore, l’artista diventa, infatti, un vero habitué del luogo, tanto da essere pienamente inserito nel tessuto del borgo di pescatori. Raccontano Riomaggiore e anche altri scorci liguri, le pennellate di Adolfo Tommasi, Alfonso Hollaender, Giorgio Kienerk, Plinio Nomellini.

Macchiaioli
Alfonso Holleander “Barca a Sestri Levante” (cm 42 x 57)

Anche in campagna, superare la macchia

“Superare la macchia senza tradire i maestri”. È una frase che dice tutto. Appartiene a Llewelyn Lloyd e recita: “È per me uno sbaglio il fare il quadro tutto sul vero”.  Alle orecchie dei Macchiaioli questa potrebbe suonare come una bestemmia, infatti, essi hanno rinunciato a tutto: alle comodità del dipingere in atelier hanno preferito dipingere sotto la pioggia o sotto il sole cocente pur di non tradire il vero. Gli eredi dei Macchiaioli vogliono rispettare la macchia ma vogliono anche cercare “la vera emozione sentita” e per farlo il “plein air” a loro non basta.

In questa sala si abbandonano le marine per vedere le sperimentazioni naturaliste questa volta calate nel mondo rurale. Sono i fratelli Gioli, in particolare Francesco, a raccontare la vicinanza al filone rurale di Jules Breton. Tuttavia l’influenza francese sarà sempre mediata col rigore compositivo appreso dalla lezione macchiaiola che non tradiranno mai.

Macchiaioli
Luigi Gioli “Sosta di artigliera” (olio su tavola, cm 19 x 33)

Livorno, capitale post macchiaiola

L’asse si sposta da Firenze al Livorno. Livorno, porto franco d’Europa, città aperta e cosmopolita sembra raccogliere bene la sfida dei “dopo Macchiaoli”. Gli scenari a fare da ispirazione non mancano: ci sono gli stabilimenti balneari, le rotonde sul mare, le banchine. E c’è il Caffè Bardi a fare le veci di un piccolo Caffè Michelangelo. Sono tanti gli artisti che si radunano ai suoi tavoli sotto l’ala dei mecenati: Ugo Bardi e suo figlio Bardo.

La livornese scuola di Micheli

Livorno riunisce artisti e idee in diversi centri vitali. Una di queste fucine è proprio  la “Scuola di Micheli”.  Micheli è l’allievo prediletto di Fattori, ma nel suo atelier i giovani pittori possono sia imparare la lezione Fattoriana sia confrontarsi con le nuove tendenze pittoriche europee. Nel suo studio troviamo Llewelyn Lloyd, Gino Romiti, Renato Natali e anche il grande Amedeo Modigliani.

“I formati in mostra si fanno più grandi, le scene vogliono focalizzarsi sul valore delle persone che le abitano, i colori sono accesi a trasmettere emozioni e sentimenti”, ci racconta Gloria Sanna, storica dell’arte ed educatrice museale alla Meridiana. Sembrano quasi un preludio di fauvismo i colori che usa Ulvi Liegi in “Monachine a Castiglioncello”. Ed è interessante notare il confronto tra i pini marittimi dipinti da Fattori e quelli dipinti in chiave novecentesca da Giovanni Bartolena.

Macchiaioli
Ulvi Liegi “Monachine a Castiglioncello” (olio su cartoncino pressato, collezione privata)

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stato a Venezia, negli studi. In Italia c’è Ghiglia. C’è Oscar Ghiglia e basta”. Ghiglia nonostante portò la bara del suo maestro Fattori non si considerò mai un erede della macchia. Altri stimoli di novità si trovano in mostra con una natura morta di Giovanni Bartolena che ci proietta in Cezanne.

“Ghiglia cerca il perfetto equilibrio tra il vero oggettivo della Macchia e la rappresentazione dell’oggetto nella sua evidenza assoluta, totalmente estranea anche agli aspetti ottico-retinici dell’Impressionismo, alle atmosfere simboliste e divisioniste e lontano dal futurismo“, commenta la curatrice.

Macchiaioli
Oscar Ghiglia “Natura morta con conchiglia” (olio su tela_cm 42 x 37)

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Torre del Lago (frazione di Viareggio) è un’altra località in cui raccogliere i frutti della Macchia. Lì nasce un circolo culturale molto vivace, grazie alla presenza del compositore Giacomo Puccini, che riunisce intorno a sé un nutrito gruppo di artisti, detto in seguito “Club la Bohème”. I pittori si aprono al Divisionismo, al Simbolismo e al gusto dell’Art Nouveau.  In mostra si può osservare colui che è considerato il “Van Gogh italiano”: Mario Puccini, con la sua opera “Il fienaiolo”.

Mario Puccini “Il fienaiolo” (olio su tela, cm 45 x 61)

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Salpati con i maestri macchiaioli e i tanti arcipelaghi attorno alla Macchia, il viaggio della mostra ci porta in nuove acque: dalla pittura al vero si naviga nel divisionismo. Ed è Plinio Nomellini, uno dei massimi protagonisti dell’arte italiana tra Otto e Novecento, a raccontarci di questa tecnica. Non poteva che essere lui, visto che le sue vicende personali lo porteranno proprio a Genova. Il suo essere anarchico di pensiero trova un riflesso anche in pittura. In mostra con “Il cantiere”, si vede un tema a lui caro, quello dei problemi sociali dei lavoratori. Aspetto che subito ci fa pensare ad un altro grande divisionista come Pelizza da Volpedo.

Plinio Nomellini “Il Cantiere” (olio su tela, cm 93 x 120)

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