Pisa, “Belle époque” a Palazzo Blu

Una mostra per raccontare un periodo cruciale. Un periodo felice tra due guerre: 1871 (fine della guerra franco-prussiana), 1914 (inizio della Prima guerra mondiale). Belle époque: due parole che nelle orecchie di tutti risuonano ben note e che, negli occhi di tutti, proiettano colori vivaci, merletti, giardini. Ma “Belle époque” vuol dire solo quello?

Pisa oltre la Torre, Palazzo Blu: polo culturale nazionale

Palazzo Blu, dopo la grande mostra su Hokusai che ha chiuso con un successo record di oltre 110mila visitatori, dalle onde del Sol Levante ci riporta in “casa”, in Europa, nella ville lumière: soprannome di Parigi, rafforzato – neanche a dirlo – proprio dagli anni della “Belle époque”. “Abbiamo vinto la sfida di portare i turisti sul Lungarno e il merito è di Palazzo Blu – dice Michele Conti, sindaco di Pisa – occasione per vivere la città oltre la Torre che tutti conoscono”.

Belle époque: 100 opere dal Louvre agli Stati Uniti

Visitabile dal 15 ottobre fino al 7 aprile 2026, la mostra propone circa 100 opere provenienti dai prestigiosi musei internazionali e italiani nonché da collezioni private francesi e italiane. Prestiti, ad esempio, in collaborazione col Musée d’Orsay, il Louvre, il Detroit Institute of Arts, Palazzo Te di Mantova, le Gallerie degli Uffizi, il Museo di Capodimonte. L’esposizione è promossa dalla Fondazione Palazzo Blu, organizzata da MondoMostre, con il contributo di Fondazione Pisa.

Molti i prestiti dalla “Pinacoteca Giuseppe De Nittis” di Barletta. “De Nittis è un figlio caro della nostra città – dice Oronzo Cilli, assessore alla cultura di Barletta – Barletta possiede 140 sue opere, grazie al lascito che la moglie ha fatto al Comune, donando ciò che arredava “Casa De Nittis”. Un atto generoso che accompagnò con una raccomandazione: il non riportarle a Parigi”.

Oltre l’estetica, si racconta la Storia

“Non ci si può approcciare alla mostra con pigrizia, mossi soltanto dal piacere di vedere dei quadri. È, infatti, una mostra che non si consuma ma che stimola a capire la Storia, andando oltre i luoghi comuni che si associano alle parole Belle époque”, dice Stefano Del Corso, Presidente della Fondazione Pisa.

BELLE ÉPOQUE, PISA: ECCO LE NOVE SEZIONI DELLA MOSTRA

Il viaggio pittorico della mostra il cui titolo esteso è “Belle époque. Pittori italiani a Parigi nell’età dell’impressionismo” si articola in nove sezioni, la curatela è di Francesca Dini, tra le più autorevoli esperte del secondo Ottocento italiano.

1. Gli inizi bui: il pittore soldato

È qui che tutto ha inizio. La “Belle Epoque” con la sua debordante “joie de vivre” non avrebbe questa energia se non ci fosse anche una sorta di riscatto e un desiderio di dimenticare gli anni bui dolorosi che l’hanno preceduta.
La Belle époque, infatti, è preceduta da un contesto di battaglie e sangue: dalla caduta di Napoleone III a Sedan alla nascita e repressione della Comune. Questa sezione racconta il pittore soldato, quello come Gustave Courbet che partecipa attivamente per liberare il mondo dell’arte e della cultura dal potere politico e quello come Édouard Manet e Maximilien Luce che documenta il dramma umano dei conflitti.

2. La rinascita di Parigi: il pittore flâneur

In questa seconda sezione ci sono due importanti punti da mettere a fuoco. Da una parte la rinascita di Parigi . Una “Joie de vivre” e una voglia di affermarsi come capitale d’Europa del XIX secolo che si capisce se si pensa alla sofferenze descritte della sezione precedente. Parigi adesso è una fucina di idee, di talenti e tanta pittura “alla moda” che esprime la modernità parigina: i Caffè, la metropolitana, i teatri, i boulevards, la moda, la stampa, la pubblicità, le innovazioni tecniche. In questa rinascita, il pittore “soldato” diventa un pittore flâneur, caro a Baudelaire: cioè un cronista che gironzola per la metropoli e ne coglie la poesia della metropolo: un cantore di questo nuovo tempo.

Dall’altra parte la mostra vuole raccontare “La Belle époque” in particolare con gli occhi di tre grandi artisti italiani: Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi. Questo primo nucleo di artisti ad essere identificato come “les Italiens de Paris” si trasferì nella capitale francese attratto dal suo dinamismo, per poi diventarne parte integrante del suo sviluppo artistico.

Belle époque
Giuseppe De Nittis “Ritorno dalle corse” (Philadelphia Museum of Art)

3. La Maison Goupil

Nella terza sezione si approfondisce il ruolo della Maison Goupil: galleria d’arte fondata nel 1829 da Adolphe Goupil. Per tutto il secolo, la galleria è il riferimento per il mercato dell’arte internazionale. Il suo cuore è a Parigi ma le sedi si sviluppano in tutta Europa e negli Stati Uniti. Promuove nuovi talenti e riunisce artisti di tendenze diverse proponendo un notevole eclettismo storiografico che va dalla contemporaneità, per passare al Seicento di Mariano Fortuny Y Marsal– in mostra c’è il capolavoro “Spiaggia ai portici” proveniente dal Meadows Museum di Dallas – per trattare anche il Settecento con Boldini e in mostra rappresenta bene il settecentismo il suo “Il musicista”, da collezione privata.

“Per Boldini il Settecento è fonte di eleganza, teatralità, seduzione – spiega Dini – non è nostalgia ma una strategia estetica: una pittura spettacolare capace di evocare un passato ideale e affermare l’identità europea dell’arte italiana nel nuovo mercato internazionale”.

4. Boldini e De Nittis: raccontare la vita moderna

La quarta sezione racconta di un nuovo genere pittorico, di cui Boldini e De Nittis sono inventori: “La tranche de vie”. I pittori dipingono la vita moderna parigina di fine Ottocento, catturando dal vero i momenti di vita lungo i boulevard, nelle piazze, nei giardini privati e nei salotti.
“De Nittis guarda alla luce dell’Impressionismo con occhio realistico. Boldini punta su atmosfere vibranti e figure in movimento, oscillando tra sogno settecentesco e modernità urbana”, precisa Dini.

Giovanni Boldini “Sulla panchina al Bois” (Collezione privata)

5. Casa De Nittis

La quinta sezione pone il focus su “Casa De Nittis”. Molto più di una dimora borghese: Casa de Nittis fu un salotto cosmopolita animato da artisti, scrittori e intellettuali come Edgar Degas, Émile Zola, Jules Claretie. “Casa de Nittis è il cuore della sua vicenda umana e creativa: è qui che il suo pennello sviluppa uno stile personale legato a impressionismo, arte orientale e modernità”, spiega Dini.

6. Zandomeneghi: avanguardia impressionista

Una data memorabile per la storia dell’arte: 15 maggio 1874. Anno della mostra presso lo studio del fotografo Nadar di quel gruppo di artisti che saranno gli Impressionisti. Se tutti ricordiamo quel fatto, quasi nessuno ricorda che per dare risalto a quella mostra venne invitato ad esporre l’italiano Giuseppe De Nittis, il pittore più in auge del momento. Il pittore di Barletta è un sostenitore degli Impressionisti, è il più addentro alle vicende del gruppo e Degas e Manet frequentano confidenzialmente la sua casa.

Il veneziano Federico Zandomeneghi arriva nel giugno 1874 a Parigi: troppo tardi per vedere la mostra ma “non per respirare il clamore che l’evento ha suscitato – dice Dini – Zandomeneghi si inserirà nella scena parigina con una rilettura del linguaggio impressionista: unendo la lezione italiana alla ricerca francese rivelandosi un interprete originale dell’avanguardia impressionista”.

Federico Zandomeneghi “Al Caffè Nouvelle Athènes” (Collezione privata)

7. La donna come cliché europeo di elegante modernità.

Il cliché posto sotto i riflettori in questa settima sezione è tutto “rosa”. Riguarda l’essere “donna moderna, sognante ed elegante con Parigi come fulcro ispiratore”. È un cliché che prende forma con la nascita della moda e della stampa illustrata e che influenza artisti italiani francesi e spagnoli generando “una nuova sensibilità pittorica”: dai ritratti sensuali di Boldini all’estetica sofisticata di Vicente Palmaroli.

"Belle époque"
Giovanni Boldini “Giovane donna in deshabillé” (Collezione privata)

8. Alle origini del ritratto mondano

Non può mancare in mostra la riflessione sulla nascita del ritratto moderno. Protagonisti sono Boldini, Paul César Helleu, John Singer Sargent.
Ognuno declina il ritratto secondo la propria sensibilità. Con Boldini troviamo l’allure teatrale e dinamica, con Helleu l’intimismo luminoso, con Sargent la raffinatezza psicologica. Quest’ultimo è autore di “Madame X” la cui modella, ritratta in abito da sera con scollatura, fece talmente scandalo da costringerlo a trasferirsi in Inghilterra. Da notare che Boldini e De Nittis sono i primi a raggiungere il mercato americano, prima degli impressionisti più noti.

9. La “Belle époque” in Toscana

Non può che terminare la mostra con lo sguardo sulla Toscana. “La Belle époque” come oggi diremmo è “un brand” che si esporta. Gli artisti toscani si abbeverano di novità a Parigi e le calano nelle realtà di Firenze, Pisa, Livorno, Castiglioncello. Anche in Italia, la scena quotidiana diventa carica di eleganza e poesia, come ben si evince dalle opere del livornese Vittorio Matteo Corcos.

“Belle époque” non è banalmente un’epoca felice ma “è un momento unico in cui arte, scienza e pensiero positivista contribuirono a costruire un’immagine vincente di Parigi, metropoli europea – conclude Dini – Belle époque è uno stato d’essere“.

"Belle époque"
Vittorio Matteo Corcos “In lettura sul mare” (Collezione privata)

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Una mostra per raccontare un periodo cruciale. Un periodo felice tra due guerre: 1871 (fine della guerra franco-prussiana), 1914 (inizio della Prima guerra mondiale). Belle époque: due parole che nelle orecchie di tutti risuonano ben note e che, negli occhi di tutti, proiettano colori vivaci, merletti, giardini. Ma “Belle époque” vuol dire solo quello?

Pisa oltre la Torre, Palazzo Blu: polo culturale nazionale

Palazzo Blu, dopo la grande mostra su Hokusai che ha chiuso con un successo record di oltre 110mila visitatori, dalle onde del Sol Levante ci riporta in “casa”, in Europa, nella ville lumière: soprannome di Parigi, rafforzato – neanche a dirlo – proprio dagli anni della “Belle époque”. “Abbiamo vinto la sfida di portare i turisti sul Lungarno e il merito è di Palazzo Blu – dice Michele Conti, sindaco di Pisa – occasione per vivere la città oltre la Torre che tutti conoscono”.

Belle époque: 100 opere dal Louvre agli Stati Uniti

Visitabile dal 15 ottobre fino al 7 aprile 2026, la mostra propone circa 100 opere provenienti dai prestigiosi musei internazionali e italiani nonché da collezioni private francesi e italiane. Prestiti, ad esempio, in collaborazione col Musée d’Orsay, il Louvre, il Detroit Institute of Arts, Palazzo Te di Mantova, le Gallerie degli Uffizi, il Museo di Capodimonte. L’esposizione è promossa dalla Fondazione Palazzo Blu, organizzata da MondoMostre, con il contributo di Fondazione Pisa.

Molti i prestiti dalla “Pinacoteca Giuseppe De Nittis” di Barletta. “De Nittis è un figlio caro della nostra città – dice Oronzo Cilli, assessore alla cultura di Barletta – Barletta possiede 140 sue opere, grazie al lascito che la moglie ha fatto al Comune, donando ciò che arredava “Casa De Nittis”. Un atto generoso che accompagnò con una raccomandazione: il non riportarle a Parigi”.

Oltre l’estetica, si racconta la Storia

“Non ci si può approcciare alla mostra con pigrizia, mossi soltanto dal piacere di vedere dei quadri. È, infatti, una mostra che non si consuma ma che stimola a capire la Storia, andando oltre i luoghi comuni che si associano alle parole Belle époque”, dice Stefano Del Corso, Presidente della Fondazione Pisa.

BELLE ÉPOQUE, PISA: ECCO LE NOVE SEZIONI DELLA MOSTRA

Il viaggio pittorico della mostra il cui titolo esteso è “Belle époque. Pittori italiani a Parigi nell’età dell’impressionismo” si articola in nove sezioni, la curatela è di Francesca Dini, tra le più autorevoli esperte del secondo Ottocento italiano.

1. Gli inizi bui: il pittore soldato

È qui che tutto ha inizio. La “Belle Epoque” con la sua debordante “joie de vivre” non avrebbe questa energia se non ci fosse anche una sorta di riscatto e un desiderio di dimenticare gli anni bui dolorosi che l’hanno preceduta.
La Belle époque, infatti, è preceduta da un contesto di battaglie e sangue: dalla caduta di Napoleone III a Sedan alla nascita e repressione della Comune. Questa sezione racconta il pittore soldato, quello come Gustave Courbet che partecipa attivamente per liberare il mondo dell’arte e della cultura dal potere politico e quello come Édouard Manet e Maximilien Luce che documenta il dramma umano dei conflitti.

2. La rinascita di Parigi: il pittore flâneur

In questa seconda sezione ci sono due importanti punti da mettere a fuoco. Da una parte la rinascita di Parigi . Una “Joie de vivre” e una voglia di affermarsi come capitale d’Europa del XIX secolo che si capisce se si pensa alla sofferenze descritte della sezione precedente. Parigi adesso è una fucina di idee, di talenti e tanta pittura “alla moda” che esprime la modernità parigina: i Caffè, la metropolitana, i teatri, i boulevards, la moda, la stampa, la pubblicità, le innovazioni tecniche. In questa rinascita, il pittore “soldato” diventa un pittore flâneur, caro a Baudelaire: cioè un cronista che gironzola per la metropoli e ne coglie la poesia della metropolo: un cantore di questo nuovo tempo.

Dall’altra parte la mostra vuole raccontare “La Belle époque” in particolare con gli occhi di tre grandi artisti italiani: Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi. Questo primo nucleo di artisti ad essere identificato come “les Italiens de Paris” si trasferì nella capitale francese attratto dal suo dinamismo, per poi diventarne parte integrante del suo sviluppo artistico.

Belle époque
Giuseppe De Nittis “Ritorno dalle corse” (Philadelphia Museum of Art)

3. La Maison Goupil

Nella terza sezione si approfondisce il ruolo della Maison Goupil: galleria d’arte fondata nel 1829 da Adolphe Goupil. Per tutto il secolo, la galleria è il riferimento per il mercato dell’arte internazionale. Il suo cuore è a Parigi ma le sedi si sviluppano in tutta Europa e negli Stati Uniti. Promuove nuovi talenti e riunisce artisti di tendenze diverse proponendo un notevole eclettismo storiografico che va dalla contemporaneità, per passare al Seicento di Mariano Fortuny Y Marsal– in mostra c’è il capolavoro “Spiaggia ai portici” proveniente dal Meadows Museum di Dallas – per trattare anche il Settecento con Boldini e in mostra rappresenta bene il settecentismo il suo “Il musicista”, da collezione privata.

“Per Boldini il Settecento è fonte di eleganza, teatralità, seduzione – spiega Dini – non è nostalgia ma una strategia estetica: una pittura spettacolare capace di evocare un passato ideale e affermare l’identità europea dell’arte italiana nel nuovo mercato internazionale”.

4. Boldini e De Nittis: raccontare la vita moderna

La quarta sezione racconta di un nuovo genere pittorico, di cui Boldini e De Nittis sono inventori: “La tranche de vie”. I pittori dipingono la vita moderna parigina di fine Ottocento, catturando dal vero i momenti di vita lungo i boulevard, nelle piazze, nei giardini privati e nei salotti.
“De Nittis guarda alla luce dell’Impressionismo con occhio realistico. Boldini punta su atmosfere vibranti e figure in movimento, oscillando tra sogno settecentesco e modernità urbana”, precisa Dini.

Giovanni Boldini “Sulla panchina al Bois” (Collezione privata)

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La quinta sezione pone il focus su “Casa De Nittis”. Molto più di una dimora borghese: Casa de Nittis fu un salotto cosmopolita animato da artisti, scrittori e intellettuali come Edgar Degas, Émile Zola, Jules Claretie. “Casa de Nittis è il cuore della sua vicenda umana e creativa: è qui che il suo pennello sviluppa uno stile personale legato a impressionismo, arte orientale e modernità”, spiega Dini.

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Una data memorabile per la storia dell’arte: 15 maggio 1874. Anno della mostra presso lo studio del fotografo Nadar di quel gruppo di artisti che saranno gli Impressionisti. Se tutti ricordiamo quel fatto, quasi nessuno ricorda che per dare risalto a quella mostra venne invitato ad esporre l’italiano Giuseppe De Nittis, il pittore più in auge del momento. Il pittore di Barletta è un sostenitore degli Impressionisti, è il più addentro alle vicende del gruppo e Degas e Manet frequentano confidenzialmente la sua casa.

Il veneziano Federico Zandomeneghi arriva nel giugno 1874 a Parigi: troppo tardi per vedere la mostra ma “non per respirare il clamore che l’evento ha suscitato – dice Dini – Zandomeneghi si inserirà nella scena parigina con una rilettura del linguaggio impressionista: unendo la lezione italiana alla ricerca francese rivelandosi un interprete originale dell’avanguardia impressionista”.

Federico Zandomeneghi “Al Caffè Nouvelle Athènes” (Collezione privata)

7. La donna come cliché europeo di elegante modernità.

Il cliché posto sotto i riflettori in questa settima sezione è tutto “rosa”. Riguarda l’essere “donna moderna, sognante ed elegante con Parigi come fulcro ispiratore”. È un cliché che prende forma con la nascita della moda e della stampa illustrata e che influenza artisti italiani francesi e spagnoli generando “una nuova sensibilità pittorica”: dai ritratti sensuali di Boldini all’estetica sofisticata di Vicente Palmaroli.

"Belle époque"
Giovanni Boldini “Giovane donna in deshabillé” (Collezione privata)

8. Alle origini del ritratto mondano

Non può mancare in mostra la riflessione sulla nascita del ritratto moderno. Protagonisti sono Boldini, Paul César Helleu, John Singer Sargent.
Ognuno declina il ritratto secondo la propria sensibilità. Con Boldini troviamo l’allure teatrale e dinamica, con Helleu l’intimismo luminoso, con Sargent la raffinatezza psicologica. Quest’ultimo è autore di “Madame X” la cui modella, ritratta in abito da sera con scollatura, fece talmente scandalo da costringerlo a trasferirsi in Inghilterra. Da notare che Boldini e De Nittis sono i primi a raggiungere il mercato americano, prima degli impressionisti più noti.

9. La “Belle époque” in Toscana

Non può che terminare la mostra con lo sguardo sulla Toscana. “La Belle époque” come oggi diremmo è “un brand” che si esporta. Gli artisti toscani si abbeverano di novità a Parigi e le calano nelle realtà di Firenze, Pisa, Livorno, Castiglioncello. Anche in Italia, la scena quotidiana diventa carica di eleganza e poesia, come ben si evince dalle opere del livornese Vittorio Matteo Corcos.

“Belle époque” non è banalmente un’epoca felice ma “è un momento unico in cui arte, scienza e pensiero positivista contribuirono a costruire un’immagine vincente di Parigi, metropoli europea – conclude Dini – Belle époque è uno stato d’essere“.

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