Il ritorno di Mary Poppins, prova superata!

E’ un ritorno ben riuscito quello di Mary Poppins. Cinquantaquattro anni dopo, il grande classico del 1964 torna sul grande schermo in questo Natale 2018, e fa un certo effetto per tutto quello che ha rappresentato per il cinema e per tante persone.

Non è un classico dall’eredità facile. Il tentativo di una continuazione è un azzardo. Ma la pellicola di Rob Marshall supera l’esame, con quali voti non so dirlo, ma ce l’ha fatta. Il risultato è un sequel-remake: non un incrocio ma una perfetta sovrapposizione delle due cose. La continuazione di una storia ma su un’esatta falsariga.

Non c’è la Londra del 1910 ma la Londra del 1930, quella investita dalla Grande Depressione e Michael e Jane, i due figli protagonisti del 1964, sono cresciuti. Michael ha tre figli: i gemelli Annabel, John e il piccolo Georgie; è da poco diventato vedovo e ha un debito con la banca che rischia di fargli perdere la casa. I suoi figli maggiori sembrano appesantiti dalle troppe responsabilità, sbrigano le faccende di casa, badano senza sosta al piccolino. Ma il risultato è una tensione in famiglia che solo un’inviata speciale di SOS Tata – appunto Mary Poppins –  può risolvere.

A quanti pensano di ritrovare Julie Andrews– resteranno delusi, il mito resta un mito e non c’è. La prima scena in cui vi imbatterete nella nuova Mary Poppins di sicuro, in base a quanto il vostro ricordo sarà vivo, vi lascerà spaesati. Ma c’è da dire che Emily Blunt fa di tutto per colmare la distanza, ci si affeziona subito. Non so se si sarebbe potuto trovare di meglio. Anche le musiche forse vi lasceranno spaesati, non è facile replicare quelli che sono diventati dei tormentoni. Il tempo ci dirà se le canzoni sono state all’altezza.

Da una parte è un film autocelebrativo che vuole ricalcare il classico per far rivivere i ricordi di quanti sono cresciuti con esso. Dall’altra proprio la falsariga ma modernizzata – con le musiche rap, ritmate – vuole riconfezionare un nuovo prodotto per la nuova generazione, riconsegnando quella magia ai nuovi spettatori sperando che anche loro se ne innamorino. Staremo a vedere se,  nell’epoca della sovrapproduzione cinematografica – con cartoni e serie televisive a raffica, con canali per bambini H24 – questa pellicola saprà scavarsi un solco nella memoria dei piccoli di oggi.

Ad ogni modo non manca alcun ingrediente. Non c’è nessuna pillola da buttare giù ma c’è da fare il bagno nella vasca! E pur senza zucchero Mary Poppins troverà una soluzione, straordinaria ovviamente. Non c’è lo zio Albert che ci insegna a ridere fino a  toccare il soffitto, ma c’è una favolosa Meryl Streep, nelle vesti di Topsy, cugina di Mary Poppins, che insegnerà a guardare le cose capovolti, cogliendo nuovi punti di vista. Questa volta non sono gli spazzacamini, ma i lampionai (invece del grande amico Bert c’è Jack), a fare da ballerini di strada e da accompagnatori della narrazione. Non c’è manco il quadro dipinto con gessetti sul marciapiede bensì un vaso di porcellana nella camera da letto a fare da “passaggio magico” per entrarci dentro e vivere avventure in cartone animato. Al posto di “Supercalifragilistichespiralidoso” è nella Music hall che Mary Poppins si scatena – ballando “L’abito non fa il monaco”. Se vi manca la signora Winnifred Banks, la madre impegnata a tempo pieno sull’emancipazione femminile, c’è la figlia Jane, impegnata nei diritti dei lavoratori come sindacalista.

Ciò che invece non manca, ma resta uguale, eterno, è la banca, la fatica del lavoro, i problemi che tolgono fiato alla vita in famiglia, che mettono l’uno contro l’altro, gli adulti contro i figli.

Ma Mary Poppins è tornata. E torna ancora una volta l’armonia in casa Banks. Non saranno gli aquiloni a sancirla ma dei palloncini, con un’imperdibile signora dei palloncini – se avete letto il cast, provate a indovinare – è la ciliegina sulla torta che rende davvero un finale con sorpresa!

Mary Poppins, il ritorno

 

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Non è un classico dall’eredità facile. Il tentativo di una continuazione è un azzardo. Ma la pellicola di Rob Marshall supera l’esame, con quali voti non so dirlo, ma ce l’ha fatta. Il risultato è un sequel-remake: non un incrocio ma una perfetta sovrapposizione delle due cose. La continuazione di una storia ma su un’esatta falsariga.

Non c’è la Londra del 1910 ma la Londra del 1930, quella investita dalla Grande Depressione e Michael e Jane, i due figli protagonisti del 1964, sono cresciuti. Michael ha tre figli: i gemelli Annabel, John e il piccolo Georgie; è da poco diventato vedovo e ha un debito con la banca che rischia di fargli perdere la casa. I suoi figli maggiori sembrano appesantiti dalle troppe responsabilità, sbrigano le faccende di casa, badano senza sosta al piccolino. Ma il risultato è una tensione in famiglia che solo un’inviata speciale di SOS Tata – appunto Mary Poppins –  può risolvere.

A quanti pensano di ritrovare Julie Andrews– resteranno delusi, il mito resta un mito e non c’è. La prima scena in cui vi imbatterete nella nuova Mary Poppins di sicuro, in base a quanto il vostro ricordo sarà vivo, vi lascerà spaesati. Ma c’è da dire che Emily Blunt fa di tutto per colmare la distanza, ci si affeziona subito. Non so se si sarebbe potuto trovare di meglio. Anche le musiche forse vi lasceranno spaesati, non è facile replicare quelli che sono diventati dei tormentoni. Il tempo ci dirà se le canzoni sono state all’altezza.

Da una parte è un film autocelebrativo che vuole ricalcare il classico per far rivivere i ricordi di quanti sono cresciuti con esso. Dall’altra proprio la falsariga ma modernizzata – con le musiche rap, ritmate – vuole riconfezionare un nuovo prodotto per la nuova generazione, riconsegnando quella magia ai nuovi spettatori sperando che anche loro se ne innamorino. Staremo a vedere se,  nell’epoca della sovrapproduzione cinematografica – con cartoni e serie televisive a raffica, con canali per bambini H24 – questa pellicola saprà scavarsi un solco nella memoria dei piccoli di oggi.

Ad ogni modo non manca alcun ingrediente. Non c’è nessuna pillola da buttare giù ma c’è da fare il bagno nella vasca! E pur senza zucchero Mary Poppins troverà una soluzione, straordinaria ovviamente. Non c’è lo zio Albert che ci insegna a ridere fino a  toccare il soffitto, ma c’è una favolosa Meryl Streep, nelle vesti di Topsy, cugina di Mary Poppins, che insegnerà a guardare le cose capovolti, cogliendo nuovi punti di vista. Questa volta non sono gli spazzacamini, ma i lampionai (invece del grande amico Bert c’è Jack), a fare da ballerini di strada e da accompagnatori della narrazione. Non c’è manco il quadro dipinto con gessetti sul marciapiede bensì un vaso di porcellana nella camera da letto a fare da “passaggio magico” per entrarci dentro e vivere avventure in cartone animato. Al posto di “Supercalifragilistichespiralidoso” è nella Music hall che Mary Poppins si scatena – ballando “L’abito non fa il monaco”. Se vi manca la signora Winnifred Banks, la madre impegnata a tempo pieno sull’emancipazione femminile, c’è la figlia Jane, impegnata nei diritti dei lavoratori come sindacalista.

Ciò che invece non manca, ma resta uguale, eterno, è la banca, la fatica del lavoro, i problemi che tolgono fiato alla vita in famiglia, che mettono l’uno contro l’altro, gli adulti contro i figli.

Ma Mary Poppins è tornata. E torna ancora una volta l’armonia in casa Banks. Non saranno gli aquiloni a sancirla ma dei palloncini, con un’imperdibile signora dei palloncini – se avete letto il cast, provate a indovinare – è la ciliegina sulla torta che rende davvero un finale con sorpresa!

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