Come da Starbucks
Avete presente Starbucks o altri locali simili, insomma, quelli in cui paghi una consumazione e ci puoi restare tutto il giorno? Beh, nella Parigi di inizio Novecento, c’era il Café de la Rotonde che funzionava così e Chagall ci passava le giornate. Se non aveva voglia di spendere neanche quegli spicci, c’era sempre la latteria dell’ex modella Rosalie: lì poteva pagare con un disegno. In realtà Chagall ebbe anche uno studio tutto suo. Una stanza a basso costo a La Ruche (l’alveare), quello che durante l’Expo di Parigi del 1900 era il padiglione dei vini.
E come Chagall c’erano anche Modigliani, Brancusi, Roualt, Soutine, Utrillo. Poveri ed esuli abitanti tra Montmartre e Montparnasse. La pittura per loro era l’urgenza di rispondere alle domande della vita. Nessuna pretesa di farsi maestri, capofila di un movimento. Questi artisti, amici, restano un cocktail eterogeneo, ma per le nostre menti che necessitano semplificazioni e schemi sono la “Scuola di Parigi“, quella che definirà l’arte tra le due guerre.
Sogno e realtà
Marc Chagall arriva nella ville lumière all’età di 23 anni – lasciandosi alle spalle la sua madre Russia – e lì intinge la sua tavolozza con i pensieri del post impressionismo, del cubismo, del fauvismo e altri movimenti ancora. Un po’ di geometrie di Cezanne, un po’ di colore innaturale di Matisse, un po’ di volti femminili di Gauguin: ma solo per citare alcuni esempi! Perché Chagall, come si è detto per tutti gli autori della scuola di Parigi, resta indipendente, una cosa a sé. Dopo essersi abbeverato di avanguardie, crea il suo stile personale di “mescolamento di sogno e realtà”. Dopo il dramma della Seconda guerra mondiale e l’esilio negli Stati Uniti, tornerà a sessant’anni in Francia, ormai ricco e famoso. Pronto a vivere i suoi anni mediterranei fino alla vecchiaia a Saint-Paul de Vence, in Provenza.
Nessuna biografia o antologia, attraverso 10 curiosità, 10 sue frasi, ripercorriamo la sua visione della vita.
Pronti per le 10 curiosità di Chagall!
1. Che cos’è l’arte?
L’arte è in qualche modo una missione che cerca di dare coscienza agli uomini della grandezza che ignorano in loro.
Chagall definisce l’arte usando le parole dello scrittore e politico André Malraux in “La Condition humaine”. A Marlraux, Chagall deve l’incarico di decorare il soffitto de l’Opera di Parigi.
2. L’arrivo a Parigi
I paesaggi, le figure di Cézanne, Manet, Seurat, Renoir, Van Gogh, il fauvismo di Matisse, e tanti altri mi riempirono di stupore: mi attirarono come un fenomeno della natura.
3. Il suo stile: soprannaturale
Sono alla ricerca di una misteriosa quarta o quinta dimensione la quale, intuitivamente, dà vita a un equilibrio di contrasti plastici e psichici.
Per Chagall la pittura è “finestra che apre su un altro mondo”. Questo suo mondo soprannaturale deve tanto alla sua adesione al chassidismo, una corrente spirituale dell’ebraismo incentrata sul “trovare Dio in tutte le cose”. Il mondo di Chagall è “magico” perché un continuo sovrapporsi di sacro e profano alla ricerca di una unità del mondo.
4. Il suo stile: la metafora
Con Chagall la metafora entra nella pittura moderna.
dice di lui André Breton
5. Il suo stile: primitività e colore
C’è molta più autenticità e sentimento nell’arte primitiva che in quella moderna, che tende a reprimerlo.
Chagall ama deformare il disegno reale e colorarlo in modo innaturale per far parlare il suo mondo interiore, con nostalgie, malesseri, gioie. Il sacrificio del disegno in favore del “grande gioco del colore“, commenta Malraux. In questo senso è attratto dalla pittura espressionista e nobilita l’arte primitiva che ritiene possieda “già la perfezione tecnica“. Perché, in fondo, “il mondo interiore è più reale di quello esteriore”.
Tuttavia, c’è da ricordare che del cubismo si serve della sovrapposizione di piani per narrare le immagini introspettive, ma non scomporrà mai come i cubisti. Allo stesso modo, del fauvismo guarda ai colori, ma lui partirà sempre da un disegno, non arriverà mai a fare come Matisse che costruisce la tela partendo direttamente dal colore. Anche dai surrealisti non si sente totalmente rappresentato, non avendo, infatti, come interesse rappresentare solo l’inconscio. Inoltre, non abbandonerà mai un certo sottobosco di tradizione, lasciandosi ispirare dalle icone dell’arte russa.
6. Ispirato a Rembrandt
Sono certo che Rembrandt mi ami.
Chagall non ha solo maestri “avanguardisti”, se si guarda al passato, egli prende ispirazione dal maestro olandese. Delle opere di Rembrandt è affascinato dalla luce che per lui porta “spiritualità” ed è colpito da un soggetto: il bue al macello. Chagall utilizza quel momento come simbolo per esprimere angoscia, dolore, sangue innocente. Lui, ebreo, vittima della diaspora, dei Pogrom, dell’Olocausto. Il bue è una variante delle “Crocifissioni”, altro tema carico di simbolismo.
7. Il buio della guerra
Siamo nel 1938. Le sinagoghe di Monaco e di Norimberga sono in fiamme. Un ebreo – Gesù – vestito con il talled, è crocifisso al centro. Ruotano attorno a lui gli altri drammi vissuti dal popolo ebraico. Passato e presente si uniscono. La composizione ricalca quella dell’icona.
8. Il ritorno del colore… in Mediterraneo
9. Dai Miti alla Bibbia
Io non vedevo la Bibbia, io la sognavo: è la più alta sorgente di poesia di tutti i tempi.
Dalle grandi saghe dell’Antico testamento alla mitologia classica con Ulisse o Icaro, fino ai personaggi della letteratura come Don Chisciotte: Chagall vuole dipingere qualcosa che lasci un messaggio spirituale a chi guarda. Magistrale esempio è la serie di tele nota come “Le message biblique” allestita al Museo Nazionale di Chagall a Nizza.
10. Amore e speranza
Se tutta la vita finisce inevitabilmente, dobbiamo colorarla con i nostri colori di amore e speranza.
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Come da Starbucks
Avete presente Starbucks o altri locali simili, insomma, quelli in cui paghi una consumazione e ci puoi restare tutto il giorno? Beh, nella Parigi di inizio Novecento, c’era il Café de la Rotonde che funzionava così e Chagall ci passava le giornate. Se non aveva voglia di spendere neanche quegli spicci, c’era sempre la latteria dell’ex modella Rosalie: lì poteva pagare con un disegno. In realtà Chagall ebbe anche uno studio tutto suo. Una stanza a basso costo a La Ruche (l’alveare), quello che durante l’Expo di Parigi del 1900 era il padiglione dei vini.
E come Chagall c’erano anche Modigliani, Brancusi, Roualt, Soutine, Utrillo. Poveri ed esuli abitanti tra Montmartre e Montparnasse. La pittura per loro era l’urgenza di rispondere alle domande della vita. Nessuna pretesa di farsi maestri, capofila di un movimento. Questi artisti, amici, restano un cocktail eterogeneo, ma per le nostre menti che necessitano semplificazioni e schemi sono la “Scuola di Parigi“, quella che definirà l’arte tra le due guerre.
Sogno e realtà
Marc Chagall arriva nella ville lumière all’età di 23 anni – lasciandosi alle spalle la sua madre Russia – e lì intinge la sua tavolozza con i pensieri del post impressionismo, del cubismo, del fauvismo e altri movimenti ancora. Un po’ di geometrie di Cezanne, un po’ di colore innaturale di Matisse, un po’ di volti femminili di Gauguin: ma solo per citare alcuni esempi! Perché Chagall, come si è detto per tutti gli autori della scuola di Parigi, resta indipendente, una cosa a sé. Dopo essersi abbeverato di avanguardie, crea il suo stile personale di “mescolamento di sogno e realtà”. Dopo il dramma della Seconda guerra mondiale e l’esilio negli Stati Uniti, tornerà a sessant’anni in Francia, ormai ricco e famoso. Pronto a vivere i suoi anni mediterranei fino alla vecchiaia a Saint-Paul de Vence, in Provenza.
Nessuna biografia o antologia, attraverso 10 curiosità, 10 sue frasi, ripercorriamo la sua visione della vita.
Pronti per le 10 curiosità di Chagall!
1. Che cos’è l’arte?
L’arte è in qualche modo una missione che cerca di dare coscienza agli uomini della grandezza che ignorano in loro.
Chagall definisce l’arte usando le parole dello scrittore e politico André Malraux in “La Condition humaine”. A Marlraux, Chagall deve l’incarico di decorare il soffitto de l’Opera di Parigi.
2. L’arrivo a Parigi
I paesaggi, le figure di Cézanne, Manet, Seurat, Renoir, Van Gogh, il fauvismo di Matisse, e tanti altri mi riempirono di stupore: mi attirarono come un fenomeno della natura.
3. Il suo stile: soprannaturale
Sono alla ricerca di una misteriosa quarta o quinta dimensione la quale, intuitivamente, dà vita a un equilibrio di contrasti plastici e psichici.
Per Chagall la pittura è “finestra che apre su un altro mondo”. Questo suo mondo soprannaturale deve tanto alla sua adesione al chassidismo, una corrente spirituale dell’ebraismo incentrata sul “trovare Dio in tutte le cose”. Il mondo di Chagall è “magico” perché un continuo sovrapporsi di sacro e profano alla ricerca di una unità del mondo.
4. Il suo stile: la metafora
Con Chagall la metafora entra nella pittura moderna.
dice di lui André Breton
5. Il suo stile: primitività e colore
C’è molta più autenticità e sentimento nell’arte primitiva che in quella moderna, che tende a reprimerlo.
Chagall ama deformare il disegno reale e colorarlo in modo innaturale per far parlare il suo mondo interiore, con nostalgie, malesseri, gioie. Il sacrificio del disegno in favore del “grande gioco del colore“, commenta Malraux. In questo senso è attratto dalla pittura espressionista e nobilita l’arte primitiva che ritiene possieda “già la perfezione tecnica“. Perché, in fondo, “il mondo interiore è più reale di quello esteriore”.
Tuttavia, c’è da ricordare che del cubismo si serve della sovrapposizione di piani per narrare le immagini introspettive, ma non scomporrà mai come i cubisti. Allo stesso modo, del fauvismo guarda ai colori, ma lui partirà sempre da un disegno, non arriverà mai a fare come Matisse che costruisce la tela partendo direttamente dal colore. Anche dai surrealisti non si sente totalmente rappresentato, non avendo, infatti, come interesse rappresentare solo l’inconscio. Inoltre, non abbandonerà mai un certo sottobosco di tradizione, lasciandosi ispirare dalle icone dell’arte russa.
6. Ispirato a Rembrandt
Sono certo che Rembrandt mi ami.
Chagall non ha solo maestri “avanguardisti”, se si guarda al passato, egli prende ispirazione dal maestro olandese. Delle opere di Rembrandt è affascinato dalla luce che per lui porta “spiritualità” ed è colpito da un soggetto: il bue al macello. Chagall utilizza quel momento come simbolo per esprimere angoscia, dolore, sangue innocente. Lui, ebreo, vittima della diaspora, dei Pogrom, dell’Olocausto. Il bue è una variante delle “Crocifissioni”, altro tema carico di simbolismo.
7. Il buio della guerra
Siamo nel 1938. Le sinagoghe di Monaco e di Norimberga sono in fiamme. Un ebreo – Gesù – vestito con il talled, è crocifisso al centro. Ruotano attorno a lui gli altri drammi vissuti dal popolo ebraico. Passato e presente si uniscono. La composizione ricalca quella dell’icona.
8. Il ritorno del colore… in Mediterraneo
9. Dai Miti alla Bibbia
Io non vedevo la Bibbia, io la sognavo: è la più alta sorgente di poesia di tutti i tempi.
Dalle grandi saghe dell’Antico testamento alla mitologia classica con Ulisse o Icaro, fino ai personaggi della letteratura come Don Chisciotte: Chagall vuole dipingere qualcosa che lasci un messaggio spirituale a chi guarda. Magistrale esempio è la serie di tele nota come “Le message biblique” allestita al Museo Nazionale di Chagall a Nizza.
10. Amore e speranza
Se tutta la vita finisce inevitabilmente, dobbiamo colorarla con i nostri colori di amore e speranza.