Anche i poveri hanno bisogno di Notre Dame

NOTRE-DAME DE PARIS RAVAGÉE PAR UN INCENDIE, ÉMOTION PLANÉTAIRE

Sento dire, “perché spendiamo soldi per ricostruire Notre Dame de Paris, meglio darli ai poveri che muoiono di fame” (ad esempio lo ha dichiarato una delle portavoce dei Gilet gialli).

Non capisco il nesso di questa obiezione. Obiezione, tra l’altro, per nulla 2.0 ma che si perde nella notte dei tempi.
Persino Giuda rimprovera la Maddalena di sprecare l’olio profumato per i piedi di Gesù e di non venderlo per 300 denari e darlo agli affamati.

E ragionando così, tutto ciò che abbiamo, tutto il nostro comfort può diventare superfluo, in un’ottica di gara all’essenziale (al senso di colpa), perché tanto in qualche zona (non troppo lontana, per dirla tutta) c’è qualche povero che non ha ciò che abbiamo noi.

Colpisce che Gesù, 2000 anni fa, rispose “I poveri li avrete sempre con voi”.
Perché questa risposta? Che stride, può innervosire a tratti. Non possiamo, forse, eliminare i poveri per sempre? In effetti, la povertà è un mistero. Esiste perché l’uomo vivendo la crea.

Se partissimo tutti da zero, domani, ridistribuendo tutti i soldi ugualmente, tra 50anni, immagino, riavremo di nuovo i ricchi e i poveri.

Anche una collaboratrice stretta di Lula, il presidente del Brasile, un giorno confessò di essere caduta in depressione, nella rincorsa a eliminare la povertà. Creava asili, scuole, ospedali pubblici, faceva 10, 100, 1000 opere in un vortice che mai bastava. E come lei ancora confessa, ha cominciato a guarire quando ha iniziato a vedere i poveri non più come una categoria sociale ma come Maria, Marco, Giovanni… come dei volti. Non più numeri ma persone. Rispondendo al bisogno di uno, uno e uno che le capitava di fronte.

E questa considerazione è tutto fuorché una de-responsabilizzazione del problema. Non è che qui voglio chiamare al disimpegno di piani politici per abbattere la fame nel mondo.

Ma per superare l’impasse di dover creare impalcature di progetti che non tutti abbiamo la forza di creare, la soluzione è guardare al povero che incontri nelle circostanze della tua vita. E non guardarlo ridotto, ma nel suo bisogno intero.

Non è che Gandhi volesse cambiare il mondo, ma voleva cambiare la circostanza che si imbatteva in India. E non è che Madre Teresa volesse creare una Onlus ma semplicemente ha cominciato a chinarsi sul barbone che incrociava tra i suoi piedi. Come quel barbone che le disse: “Ho vissuto tutta la vita da miserabile e ora con te muoio come un angelo”.

È questo che ti libera dal soffocare. E che poi paradossalmente cambia – davvero – il mondo. Diceva la collaboratrice di Lula, Cleuza Ramos: “Io non ho la responsabilità di risolvere il problema della povertà. Io sono responsabile del mio sì di ogni giorno”.

E il cerchio si chiude facile: se guardo il povero nella sua interezza, proprio nella sbandierata uguaglianza di cui parliamo sempre, non è che se a me non bastano il pane, il buon vino, l’ultimo smartphone ma ho bisogno pure di un’opera d’arte, allora al povero deve bastare solo un tozzo di pane.
Io mi immagino quel clochard parigino che senza Notre Dame si sente ancora più povero, più derubato. Perché Notre Dame è anche sua. Ne ha bisogno il suo cuore come ne ha bisogno il cuore del borghese, del nobile.

Mi viene ancora in mente il duomo di Milano, dove ho letto che tutti i milanesi hanno partecipato alla costruzione di qualche mattone. Il ricco e il povero. Il nobile, il ciabattino e la prostituta davano parte del loro guadagno per acquistare una pietra e rendere loro quel Duomo, un po’ loro quell’opera che distoglie dalla finitezza della vita di ciascuno.

Anche i poveri hanno bisogno di Notre Dame. Tutti abbiamo bisogno della stessa bellezza, perché per dirla all’inflazionata frase di Dostoevskij – ma qui più pertinente che mai – “la bellezza salverà il mondo”.

Lascia un commento

Piaciuto l'articolo? Condividilo!

Articoli correlati

In piazza San Pietro un popolo dice grazie a Papa Benedetto XVI

L’ enigma della camera 622 è da leggere? Sì, senz’altro.

Tolo tolo non è un film politico, tutt’al più democristiano

NOTRE-DAME DE PARIS RAVAGÉE PAR UN INCENDIE, ÉMOTION PLANÉTAIRE

Sento dire, “perché spendiamo soldi per ricostruire Notre Dame de Paris, meglio darli ai poveri che muoiono di fame” (ad esempio lo ha dichiarato una delle portavoce dei Gilet gialli).

Non capisco il nesso di questa obiezione. Obiezione, tra l’altro, per nulla 2.0 ma che si perde nella notte dei tempi.
Persino Giuda rimprovera la Maddalena di sprecare l’olio profumato per i piedi di Gesù e di non venderlo per 300 denari e darlo agli affamati.

E ragionando così, tutto ciò che abbiamo, tutto il nostro comfort può diventare superfluo, in un’ottica di gara all’essenziale (al senso di colpa), perché tanto in qualche zona (non troppo lontana, per dirla tutta) c’è qualche povero che non ha ciò che abbiamo noi.

Colpisce che Gesù, 2000 anni fa, rispose “I poveri li avrete sempre con voi”.
Perché questa risposta? Che stride, può innervosire a tratti. Non possiamo, forse, eliminare i poveri per sempre? In effetti, la povertà è un mistero. Esiste perché l’uomo vivendo la crea.

Se partissimo tutti da zero, domani, ridistribuendo tutti i soldi ugualmente, tra 50anni, immagino, riavremo di nuovo i ricchi e i poveri.

Anche una collaboratrice stretta di Lula, il presidente del Brasile, un giorno confessò di essere caduta in depressione, nella rincorsa a eliminare la povertà. Creava asili, scuole, ospedali pubblici, faceva 10, 100, 1000 opere in un vortice che mai bastava. E come lei ancora confessa, ha cominciato a guarire quando ha iniziato a vedere i poveri non più come una categoria sociale ma come Maria, Marco, Giovanni… come dei volti. Non più numeri ma persone. Rispondendo al bisogno di uno, uno e uno che le capitava di fronte.

E questa considerazione è tutto fuorché una de-responsabilizzazione del problema. Non è che qui voglio chiamare al disimpegno di piani politici per abbattere la fame nel mondo.

Ma per superare l’impasse di dover creare impalcature di progetti che non tutti abbiamo la forza di creare, la soluzione è guardare al povero che incontri nelle circostanze della tua vita. E non guardarlo ridotto, ma nel suo bisogno intero.

Non è che Gandhi volesse cambiare il mondo, ma voleva cambiare la circostanza che si imbatteva in India. E non è che Madre Teresa volesse creare una Onlus ma semplicemente ha cominciato a chinarsi sul barbone che incrociava tra i suoi piedi. Come quel barbone che le disse: “Ho vissuto tutta la vita da miserabile e ora con te muoio come un angelo”.

È questo che ti libera dal soffocare. E che poi paradossalmente cambia – davvero – il mondo. Diceva la collaboratrice di Lula, Cleuza Ramos: “Io non ho la responsabilità di risolvere il problema della povertà. Io sono responsabile del mio sì di ogni giorno”.

E il cerchio si chiude facile: se guardo il povero nella sua interezza, proprio nella sbandierata uguaglianza di cui parliamo sempre, non è che se a me non bastano il pane, il buon vino, l’ultimo smartphone ma ho bisogno pure di un’opera d’arte, allora al povero deve bastare solo un tozzo di pane.
Io mi immagino quel clochard parigino che senza Notre Dame si sente ancora più povero, più derubato. Perché Notre Dame è anche sua. Ne ha bisogno il suo cuore come ne ha bisogno il cuore del borghese, del nobile.

Mi viene ancora in mente il duomo di Milano, dove ho letto che tutti i milanesi hanno partecipato alla costruzione di qualche mattone. Il ricco e il povero. Il nobile, il ciabattino e la prostituta davano parte del loro guadagno per acquistare una pietra e rendere loro quel Duomo, un po’ loro quell’opera che distoglie dalla finitezza della vita di ciascuno.

Anche i poveri hanno bisogno di Notre Dame. Tutti abbiamo bisogno della stessa bellezza, perché per dirla all’inflazionata frase di Dostoevskij – ma qui più pertinente che mai – “la bellezza salverà il mondo”.

Lascia un commento

Piaciuto l'articolo? Condividilo!

Articoli correlati

In piazza San Pietro un popolo dice grazie a Papa Benedetto XVI

L’ enigma della camera 622 è da leggere? Sì, senz’altro.

Tolo tolo non è un film politico, tutt’al più democristiano

Torna in cima